Con questo lavoro, Imago, Pio Tarantini scrive l’ultimo capitolo di una ricerca artistica dal percorso quasi circolare, cominciato sin dagli anni settanta, quando realizza i suoi primi studi, in bianco e nero, sulla figura umana ripresa con il “mosso” fotografico che ne accentua la precarietà della visione. Questa impostazione sarà presente in molti suoi lavori nell’arco di più di trent’anni di ricerca trovando spazio e sintesi in molti progetti espositivi ed editoriali precedenti: da “Il passato e i Pensieri” (1985) a “Studi sul mosso” (2002), a “L’ombra del vero” (2003) fino a “Scenari” (2006).
Le opere si dividono in due gruppi principali: da una parte opere della sua ricerca sulla figura umana che diventa protagonista assoluta, scandagliata, scomposta, “traccia” di vita in contesti minimali, quasi astratti; e dall’altra opere in cui la traccia della figura umana è inserita all’interno di un discorso visivo più vasto e contestualizzato, dove il paesaggio o l’ambiente rivestono un ruolo importante.
Le figure lasciano una traccia riconoscibile e nello stesso tempo sfuggente, complessa, quasi a sottolineare una dilatazione del tempo, il contrario della “cristallizzazione” tipica della fotografia. Tarantini fotografa la vita che passa: “Tutto scorre” (le figure mosse) e, nello stesso tempo “Tutto è” (i pochi elementi fissi di contesto).